In questo periodo il fermento per lo studio teorico e la realizzazione di sistemi e strumenti per la spazializzazione audio sempre piu immersiva è tornato alto. Negli ultimi due decenni sia i laboratori che le università non hanno mai fermato la ricerca, al contrario invece la diffusione di massa dei sistemi di produzione e riproduzione audio sembrava essersi fermata allo standard 5.1 presente in tutte le sale cinematografiche e nelle case di tutti gli appassionati con i sistemi home theater.
Il passato recente ha visto il rinnovato tentativo delle proiezioni stereoscopiche (vedi Avatar) e questo ha dato un nuovo impulso a giganti come la Dolby, DTS o Barco per lanciare sistemi audio “tridimensionali “. Sebbene le proiezioni stereoscopiche sembrerebbero aver perso appeal, questo non ha intaccato il processo di evoluzione dell’esperienza sonora immersiva, complice la possibilità di distribuire su piattaforme OTT (Netflix, Amazon, Apple ecc.) questo tipo di contenuto e la rilevanza che questo tipo di ascolto ha sull’esperienza di gioco nei videogame.
Un bellissimo approfondimento su questo aspetto lo offre: “La cognizione dello spazio sonoro filmico. Un approccio neurofilmologico”.
Il libro scritto da Valerio Sbravatti docente presso la Sapienza di Roma è uno studio sul suono cinematografico e indaga come si è evoluto e dove si dirige l’utilizzo dello spazio sonoro filmico. La prima parte del volume offre una vasta panoramica storica che intreccia l’evoluzione tecnologica e l’impatto estetico che, le allora nuove tecnologie, avevano sulla narrazione cinematografica. La seconda parte indaga l’aspetto della spazializzazione del suono da un punto di vista più cognitivo. È uno studio molto ambizioso e getta le basi per approfondire la ricerca in un campo decisamente ancora poco battuto.