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La rivoluzione del Loudness

Nel mondo dell’audio per il broadcasting sta avvenendo, da un po di tempo, una lenta rivoluzione, complice il recente passaggio dalla trasmissione analogica a quella digitale. Lo sforzo che ITU e EBU stanno affrontando è quello di imporre un nuovo standard qualitativo orientato ad uniformare i livelli di volume del suono nel variopinto mondo dei contenuti televisivi. A tutti è capitato facendo zapping in TV di notare come, da un programma all’altro, il livello di volume spesso cambia, a volte anche in maniera significativa. Un’altro esempio noto a tutti è quello degli spot pubblicitari che in genere tendono ad essere più “rumorosi” se paragonati al film appena interrotto. Questi fenomeni sono, o meglio dovremmo dire erano, causati dal fatto che non esistevano delle indicazioni precise sul livello che doveva avere il suono nella trasmissione televisiva, le uniche informazioni che si avevano erano quelle di non superare il -9dBFS di picco per ragioni di trasmissione via etere, pena l’impietosa compressione di messa in onda. Apriti cielo; la guerra del loudness: “il mio spot deve suonare più forte di qualsiasi altra cosa trasmetta la TV!“. La libera interpretazione di questo limite ha fatto sì che molti tecnici lavorassero comprimendo il suono senza pudore, aumentandone sì il livello di loudness  (cosa che al pubblicitario maleducato fà gola), ma spesso degradando in maniera vistosa la qualità sonora (cosa che il pubblicitario maleducato non coglie). ITU ed EBU, con le loro rispettive raccomandazioni nominate Bs.1770 ed R.128, hanno deciso di porre una mediazione nella lotta che avviene quotidianamente tra lo spettatore ed il telecomando. Cerchiamo di capire come.

Il loudness.

Il termine loudness è il nome della sensazione (soggettiva) di livello di volume del suono, in italiano si potrebbe tradurre come “fragore” del suono. Il loudness essendo un “valore” medio non è sempre proporzionale al livello di dBFS del segnale audio, cioè non sempre quando l’audio ha una grande dinamica significa che presenta anche un alto livello di loudness, anzi, al contrario, suoni con un livello di dBFS più bassi, se vengono estremamente compressi, possono avere un loudness molto più alto di suoni che presentano le caratteristiche opposte. Come tutte le “sensazioni” però il loudness varia da persona a persona. Proprio per questo motivo non si è mai riusciti ad avere una misura precisa del loudness. Almeno fino ad oggi. Infatti la ITU (International telecomunication union) è riuscita a trovare una soluzione a questo problema assegnando un valore univoco ed attendibile a tale sensazione. Grazie a questa nuova “unità di misura” ITU ed EBU sono riusciti ad affrontare la problematica relativa alla selva del volume audio che abbiamo discusso prima. Vediamo a grandi linee come la ITU è riuscita in questa cosa.

Come per la misurazione dei dBspl, la misurazione del loudness avviene applicando un filtro di pesatura chiamata: pesatura K (Fig.1), approfondimenti su come vengono calcolati questi parametri li trovate sul documento ITU 1770 ed EBU tech 3343. Qui ci limiteremo a dire che la curva per la pesatura K viene tirata fuori in parte basandosi sulle curve isofoniche di percezione sonora.

Sulla base di questo parametro è stato creato l’algoritmo (Fig.2) per mezzo del quale si ricava dal segnale audio il parametro di misura del loudness che avrà il nome di LKFS (Loudness K-weighted in reference at Full Scale). In questo caso viene mostrato il trattamento di un segnale audio 5.0  (il canale LFE è ancora in fase di studio). La cosa non cambia per segnali mono o stereo…

Le parti dell’algoritmo che ci interessa discutere in modo particolare sono quelle segnate in rosso, nella prima parte avviene la pesatura K di cui sopra, nella seconda si applica una sorta di Gate al segnale di cui capiremo dopo l’utilizzo.

Il segnale che si tira fuori con questa catena di processi serve a far alzare ed abbassare il nuovo tipo di view meter per la misurazione del loudness. La EBU ha preferito modificare il nome in LUFS (Loudness unit in reference at Full Scale). Anche se i nomi sono diversi la sostanza non cambia. Continuo riferendomi agli LUFS, ma è come se dicessi LKFS.

N.B. Gli LUFS sono un valore medio, si riferiscono quindi alla media del livello di loudness lungo tutta una traccia sonora che può durare 3 secondi come 24 ore!

Gli LUFS vanno considerati come un valore assoluto, ad esempio un disco metal ha un valore medio di loudness -3,8LUFS,  qualora invece vengano messi in relazione ai dBTP prendono il nome di LU (intesi quindi come valore relativo) e il rapporto sarà 1LU=1dBTP. La messa in relazione ai dB è utile per ottenere un rapido riscontro sul livello del segnale. Sono distinzioni che servono a dare un rifermento alle case che devono poi realizzare i view meter che seguono queste specifiche.

Cosa cambia nella pratica.

A grandi linee possiamo dire che gli strumenti per la misurazione dell’audio si distinguono sostanzialmente nella velocità di risposta con cui segnano i picchi audio o il valore RMS, per cui se utilizziamo strumenti lenti nella risposta come VU meter o QPPM, il risultato sarà quello di regolare un valore medio di livello sonoro senza però un’idea accurata dei picchi, al contrario con il Peak meter, che ha una risposta più veloce, si ottiene l’effetto contrario, si ha pieno controllo sui picchi, ma un’idea meno precisa della media lungo tutto il programma sonoro. La prassi (poco lodevole a mio avviso) per mettersi al sicuro nel mix broadcast è quello di piazzare un bel limiter a -9dBFS e missare tutto sotto questo tetto…procedendo in questo senso nel caso di scene molto rumorose si attua una compressione molto pronunciata che degrada il suono e non tiene conto di quanto loudness si sta generando. Il nuovo standard prevede di monitorare gli LUFS con strumenti dedicati (es. TC electronics LM5D, Dolby Media Meter, NuGen VisLM). Questi meter misurano vari parametri:

Long term o Integrated LUFS (LKFS) – misura media del livello del loudness sul lungo periodo, cioè da quando si preme play a quando si preme stop!

Short Term LUFS (LKFS) – prende in esame un tempo massimo di tre secondi e calcola il loudness medio per questo periodo.

dBTP – decibel True Peak

Le raccomandazioni EBU suggeriscono di mantenere il valore del loudness a -23 LUFS (per la ITU -24) sul lungo periodo (INTEGRATED) con un’oscillazione di +/- 1 LU di tolleranza e il picco massimo del segnale fino a -1dBTP aumentando così la dinamica e di conseguenza la qualità audio. Naturalmente ogni network televisivo modifica di poco questi valori a seconda delle proprie valutazioni tecniche, ad esempio FOX sul proprio capitolato tecnico indica il valore LUFS a -24 nel caso di spot, interstiziali o in generale video di breve durata e -25 su film e documentari, entrambi con una tolleranza di +/-0.5.

NB. Alcuni costruttori sui propri meter fanno corrispondere 0LU=-23LUFS, per aiutare l’intuibilità.

Un’altro parametro di cui bisogna tener conto è il gate (da non confondere con il processore di dinamica!), di cui accennavamo durante la discussione dell’algoritmo ITU (Fig.2). Vediamo perché e come interviene. Abbiamo già detto che quello che stiamo discutendo è un valore medio che prende in considerazione il livello di loudness lungo tutto il periodo della traccia sonora, prendiamo in esame il loudness medio di un talk show, gli ospiti parlano, magari ci sono contributi filmati e talvolta musica, pochi silenzi. In una situazione del genere dove gli sbalzi dinamici sono mediamente nulli si otterrà un valore LUFS che piazzerà il parlato ad un certo livello di x dBFS. Cambio canale e trasmettono un film d’azione, la situazione sonora è completamente diversa, momenti di silenzio assoluto alternati a grandi scene d’azione con sbalzi dinamici molto ampi, la media matematica andrà ad operare anche con valori molto bassi i quali abbasseranno la media generale. La conseguenza è che cambiando canale il film avrà il parlato a livelli medi molto più bassi in termini di dBFS rispetto al talk show. Il Gate (da intendere solo ai fini del calcolo algoritmico e non come il processore di dinamica) è la soluzione per ovviare a questa problematica, infatti interviene escludendo dal calcolo tutto ciò che sta’ sotto una certa soglia; il volume medio del parlato nel film sarà ad un livello di dBFS più alto, cioè più vicina a quella del talk show. Il gate ha una soglia di intervento tarata a -10 LU rispetto al valore LU senza il gate.

Lavorando con questi riferimenti si tende ad uniformare il livello dei contenuti televisivi mettendo fine alla guerra del loudness. Inoltre il fatto che la trasmissione digitale ha reso più ampia la banda dedicata all’audio, si può lavorare il suono con un’ampiezza dinamica maggiore. Questo fattore fa si che chi lavorerà assecondando i vaneggiamenti del pubblicitario avrà un risultato scadente in termini di qualità audio, infatti, a dinamica piena, si avvertirà molto di più la compressione e all’orecchio dello spettatore il risultato sarà semplicemente un suono scadente scadente. Pubblicitario stai in guardia.

Ogni commento di approfondimento, chiarimento, integrazione o correzione è il benvenuto.
M.

Mirko Perri

3 Comments

  1. Mi e stato d’aiuto nelllo scrivere un testo sull’influenza del Mastering nel mondo dell’audio contemporaneo per la mia universita!
    Grazie per l’articolo 🙂

  2. Ottimo post! Esistono alternative free agli strumenti da te citati? Ad es. plugin per Audacity. Grazie in anticipo!

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